gli Accessori

Anelli: quello con il sigillo, che identifica il blasone personale e del proprio casato, può figurare con squisita eleganza. E’ però un accessorio difficile, rischioso: ciò che dona al Principe Carlo o all’Arcivescovo, potrebbe non giovare all’industriale brianzolo. Il confine tra aristocratico e cafone, in questo dettaglio, è molto labile: il consiglio è evitare di indossarne, per quanto possibile. Tale suggerimento, sia chiaro, non si applica alla fede nuziale.

Borsa: bandite quelle a tracolla che, oltre ad essere esteticamente discutibili e richiamare il modello “calciatore di serie C”, rovinano, con il peso e lo sfregamento, le spalline di giacche e cappotti. Dimenticate il borsello, ormai indissolubilmente (anche se forse ingiustamente) ancorato al Medio Evo dell’eleganza, gli anni settanta del XX secolo. Optate, invece, per una valigetta di tipo tradizionale: accertatevi che la pelle sia di ottima qualità e che i manici siano solidi e di buona fattura. Sceglietela di una misura adatta alle vostre necessità , preferibilmente sui toni del marrone: sarà in questo modo cromaticamente compatibile con le scarpe che, nell’uso diurno, lo stesso riservato alla valigetta, saranno preferibilmente non nere (su questo vedi la voce “Scarpe”).


Bretelle: nell’eleganza tradizionale devono essere ancorate con i bottoni (e non con le clip) e non devono vedersi, nascoste da un panciotto o un maglione. Ciò è dovuto alla loro funzione, che è pratica e non estetica, poiché garantiscono un appiombo perfetto ai pantaloni. Una vasta iconografia cinematografica le associa, perfettamente visibili, all’archetipo del giornalista d’assalto: non è una soluzione inelegante di per sé ma, come tutte le scelte iconografie, a forte rischio cafonata.

Cache col: in Italia è spesso chiamato, erroneamente, Ascot (che è invece la cravatta del Tight). Di seta, va annodato in modo spensierato ma attento, così da non lasciare intravedere il collo o il torace (e non ingenerare, quindi, uno spiacevole senso di disordine). Trovo che appesantisca, con le sue giravolte, l’insieme della mise: per evitare eccessi cromatici e tessili, quindi, suggerisco di privilegiare colori tenui ed evitare di abbinare il cache col alla pochette nel taschino. Per una volta.

Calze: il filo di scozia è la soluzione più elegante e, visto il clima costantemente artificiale della nostra civiltà, anche il più confortevole. Il nero e il blu sono colori perfetti per gli abiti scuri; il marroncino, nelle sue varie tonalità, ottimo per pantaloni chiari e sportivi. Righe e motivi geometrici sono altrettanto validi, per chi possieda il talento nell’abbinarli con eleganza al resto della mise. Mai calze in seta, hanno un aspetto cadaverico. Mai calze bianche, mai e poi mai! Le calze devono sempre essere lunghe fino al ginocchio o corte da non essere visibili (i cosiddetti “fantasmini”): il mezzo calzino è da mezze calzette.

Cappelli: conferiscono dignità al portamento di chi li indossa e permettono una gestualità (si pensi all’atto di sollevarlo per salutare una signora) da vero gentiluomo. Le fogge tipiche, fedora, trilby, homburg, bombetta, cilindro, panama, cap, sono adatte alle diverse stagioni, alle disposizioni personali e agli abbinamenti con gli abiti di società. Si toglie sempre in luoghi chiusi (massimamente in quelli religiosi, tranne in casi particolari dove sono prescritti copricapi tipici): al bar, nella biglietteria della stazione e in tutti quei luoghi dove ci si trattiene solo per qualche istante si può anche tenere sulla testa. Ma è sempre meglio, potendo, sfilarlo con eleganza.

Cintura: ne esistono di infiniti modelli e tutte, a vario titolo, hanno un proprio posto nel guardaroba maschile. Semplificando, sia chiara la regola dell’armonia costruttiva e cromatica: una cintura in corda, ad esempio, sarà una meraviglia abbinata ad un abito in cotone e un paio di mocassini sfoderati; al contrario, una cintura in pelle martellata si accoppierà con successo ad una derby di costruzione massiccia e un abito dal peso importante. Sul piano cromatico, benché oggi non tutti concordino su questa norma, è bene abbinare la tonalità delle scarpe a quella della cintura.
Su abiti completi la cintura non è piacevole come possa sembrare: spezza, visivamente, ciò che il monocromatismo del vestito vorrebbe unire. Da evitare.

Cravatta: una delle tre soluzioni (insieme al papillon e al cache col) per chiudere elegantemente un colletto di camicia. Può essere in seta, lana o cotone. Non si abbina a nulla, come qualcuno vorrebbe sostenere, e si abbina a tutto, poiché sarà il naturale punto di raccordo dell’intera mise. E’ il mezzo (assieme alla pochette) con cui un uomo può esprimere il proprio stato d’animo, quindi può essere sgargiante o tenue, colorata o monocroma. La regola secondo la quale una cravatta a righe mal si presti ad essere abbinata ad una camicia (o un abito) a righe è valida ma non costituisce precetto: in questo particolare campo conta il buon gusto di ciascuno di noi. Prestate grande attenzione al confezionamento del nodo: il “four in hand”, il più classico, è sempre il più elegante. E attenzione: la gamba della cravatta (cioè la parte frontale, più larga) deve sempre sfiorare (o superare, nel caso di pantaloni a vita alta) il punto vita. Quei cravattoni dai nodi enormi, con la “gamba” che termina sull’ombelico, costituiscono un’offesa alla civiltà occidentale.
Si a regimental e motivi geometrici: disegni stravaganti, paperi e Omer Simpson vari sono banditi dal guardaroba elegante. Ci mancherebbe altro.

Dimple: è un termine inglese che definisce quella piccola fossetta che si forma sotto il nodo della cravatta. Costituisce la differenza tra un nodo banale e uno mirabile. Per ottenerla, procedete in questo modo: arrivati all’ultimo passaggio, prima di stringere la cravatta, sollevate, scavando una U, i lati della “gamba”, in prossimità del nodo. Fate scorrere la cravatta verso il basso, tenendo salda la U e il nodo. Per completare al meglio questa operazione, tenendo stretto il nodo, tirate con vigore la gambetta verso destra e sinistra: il dimple comparirà in tutto il suo splendore.

Fazzoletto da taschino: si distingue dalla pochette per il suo essere un autentico fazzoletto. Deve quindi essere bianco (o di un colore analogamente chiaro e neutro), utilizzabile per le finalità tipiche di un fazzoletto (come asciugare la gota rigata da una lacrima di una gentile signora) e ripiegato in quattro, senza punte, sbuffi o affettazioni. Chi lo porta ogni giorno sbaglia: in questo modo banalizza un dettaglio che banale non è.

Gemelli: i migliori sono in oro bianco o platino, su disegno del committente e doppi, cioè con la pattina da entrambe le parti. Quelli in corda sono simpatici. Restano, comunque, un’aggiunta, una complicazione: nel giusto contesto donano molto, ma si può rinunciare alla sobrietà di un bottone in madreperla solo in cambio di un risultato sicuro.
I gemelli sono inadatti alle mise sportive: sotto giacche in tweed o simili sono rigorosamente vietati.

Guanti: nella tradizione maschile non sono un accessorio pratico ma, come spesso accade, quasi puramente estetico. La loro funzione è impedire alle mani il contatto con i mali del mondo. I migliori, come sempre, sono quelli confezionati a mano e in pellami pregiati: tra questi il campione è il pecary, un suino che vive allo stato brado in Sud America. 
La scelta di Lord Micidial cade su guanti sfoderati, di impostazione femminile: quelli foderati in lana o altro materiale assumono una forma tozza, sgraziata, inadeguata all'uomo di gusto. Del resto non verranno mai indossati per tenere caldo ma per proteggersi dall'ignoto. 
Mai stringere una mano indossando il guanto: sfilarlo con previdente eleganza nel momento in cui si incrocia un conoscente è un'ottima idea. Calzare solo il guanto sinistro, lasciando nuda la mano deputata ai saluti e conservando il guanto destro nella mano guantata, è una scelta elegantissima e sommamente eccentrica. 

Marinella: se non è il migliore è decisamente il più famoso produttore di cravatte artigiane d'Italia. La storica sede di Napoli, al 287 di Riviera di Chiaia, merita una visita: essere consigliati da Maurizio Marinella in persona il quale, di norma, sottopone ai nostri occhi un numero spropositato di fantasie per poi guidarci nella scelta, è una bellissima esperienza. 
Le sete sono di provenienza inglese mentre la manifattura è autenticamente napoletana.
Di recente sono stati aperti i punti vendita di Milano, Lugano, Londra e Tokyo: acquistare una Marinella in queste sedi è una scelta legittima, ma farlo impedisce di gustare a fondo le ragioni che rendono una Marinella una cravatta speciale.
La produzione di Marinella si è poi arricchita di altri prodotti, in particolare pelletteria e profumi: per il principio della specializzazione, più volte richiamato nell'Alfabeto, secondo il quale ognuno è bene che faccia il proprio mestiere e non quello degli altri, Lord Viber sconsiglia l'acquisto di ogni prodotto a marchio Marinella che non sia in seta.

Occhiali: 

Occhiali da sole: 


Ombrello: la sua funzione di para pioggia, come del resto in italiano è talvolta  ancora chiamato, ha un rilievo minimo nel mondo elegante. L'ombrello, pronipote della spada, nipote dello spadino e figlio del bastone, è un accessorio che conferisce dignità al portamento. E' un complemento perfetto del vivere elegante ed è amatissimo dai gentiluomini a tutte le latitudini. Molti, come Lord Micidial, lo utilizzano per quasi tutto l'inverno al minimo accenno di copertura nuvolosa.
Un ombrello, per definirsi tale, deve essere ad asta lunga: quelli pieghevoli sono accettabili solo in condizioni di autentica emergenza e chi li usa deve comunque provare una sensazione di disagio. 
I modelli più pregiati sono ad "asta intera", così definiti perché asta e manico sono formati da un unico pezzo che viene lavorato con straordinaria maestria.
L'ombrelleria inglese, anche per evidenti ragioni climatiche, ha sviluppato un gusto peculiare e vanta nomi di assoluto prestigio: tra i tanti desidero citare Swaine Adeney Brigg, con sede in St. James's street a Londra. Tra i commercianti, invece, impossibile non tributare la massima considerazione a James Smith & Son, in New Oxford st., sempre nella capitale inglese. 
In Italia, nonostante il clima generalmente più secco, si è comunque sviluppata un'interessante produzione di nicchia: il più autorevole esponente di questa scuola è il napoletano Mario Talarico, con sede in vico Due Porte a Toledo a Napoli. Come sempre, quando si tratta di un artigiano italiano, la qualità dei dettagli è straordinaria.
L'unico aspetto negativo dell'ombrello è la facilità con cui si tende a perderlo: quando succede, cioè spesso, il gentiluomo è autorizzato a versare una lacrima e a sperare che, per lo meno, il prezioso manufatto sia finito in mani degne di cotanta bellezza.

Papillon: anche chiamato cravattino o farfallino è, oramai, confinato nell’eden dell’eleganza eccentrica. E’ un peccato, perché è estremamente confortevole (non rischia ma di finire nel piatto), superbamente elegante e molto virile: per snodarlo basta un gesto secco, magari prodotto da una dama, molto eccitante prima di un abbraccio sensuale. La sua scarsa diffusione ha privato gli uomini di uno dei grandi misteri del cosmo: la tecnica per annodarlo. E’ molto più semplice a dirsi che a farsi, serve solo un buon maestro. Personalmente, poiché adoro il papillon ma detesto i nodi troppo larghi, faccio confezionare i miei farfallini su misura, ad una lunghezza che varia (a seconda dello spessore) tra i 72 e i 75 centimetri.

Pochette: si fregiano di questo nome i fazzoletti in seta che spuntano dal taschino della giacca. Non hanno alcuna finalità pratica, sono un punto di colore che, come nella cravatta, non va coordinato con niente ma che deve essere in armonia con tutto. Il modo più semplice di portarla è piegata a sbuffo, con nonchalance. E’ l’accessorio irrinunciabile per l’elegante estroso.

Sciarpa: di seta stampata, in colori chiari e motivi geometrici, possono essere un complemento elegante di una mise sportiva e dinamica. Le migliori al mondo le confeziona Hermés. Anzi, no: le migliori al mondo sono quelle confezionate su nostro disegno e cucite a mano da un’amorevole sarta.
In cachemire sono morbide e calde, ideali per la stagione fredda; in lana secca sono perfette se abbinate a tessuti altrettanto ruvidi.

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